Ne vidiš šumnikov? Uredi pesem!
Marco Masini
Caro Babbo
[ Marco Masini ]
Mi sembravi alto altissimo,
quando ero piccolino,
eri il mio gigante buono,
che giocava a nascondino,
mi batteva forte il cuore,
mentre stavo ad aspettare,
felice di nascondermi,
ma anche di farmi trovare.
Ti sentivo forte e a volte
mi facevi un po' paura,
ma eri il mio cavallo docile
e il tappeto, la pianura
e scendevo e camminavo
nelle tue scarpe pesanti,
fra colline di poltrone,
coi miei passi da gigante.
Era dolce, era dolcissimo,
lo ricordo e te lo dico,
eri il mio più grande eroe,
eri il primo vero amico.
Sei però rimpicciolito
i primi anni della scuola,
tornavi tardi a casa
e la mamma sempre sola,
mi svegliavo d'improvviso
e vi sentivo ancora urlare,
eri sempre più nervoso
e non mi stavi ad ascoltare.
Altre volte mi picchiavi
e le tue parole dure
spalancavano soltanto
una vita di paure.
Eri assente, irraggiungibile,
io ti odiavo e te lo dico,
eri in sogno l'uomo nero,
eri a un tratto il mio nemico.
E ho portato come un lutto
il tuo sangue nelle vene,
ma il mio cuore per dispetto
ti voleva ancora bene
e ora babbo te lo scrivo,
come quando ero bambino,
come quando per trovarci
giocavamo a nascondino.
E ora è freddo, anzi freddissimo,
piango mentre te lo dico,
cosa aspetti ad arrivare,
babbo, se mi sei amico?
Era dolce, era dolcissimo,
l'ho capito e te lo scrivo.
Quante volte io dovrò morire
per sentirmi ancora vivo?
quando ero piccolino,
eri il mio gigante buono,
che giocava a nascondino,
mi batteva forte il cuore,
mentre stavo ad aspettare,
felice di nascondermi,
ma anche di farmi trovare.
Ti sentivo forte e a volte
mi facevi un po' paura,
ma eri il mio cavallo docile
e il tappeto, la pianura
e scendevo e camminavo
nelle tue scarpe pesanti,
fra colline di poltrone,
coi miei passi da gigante.
Era dolce, era dolcissimo,
lo ricordo e te lo dico,
eri il mio più grande eroe,
eri il primo vero amico.
Sei però rimpicciolito
i primi anni della scuola,
tornavi tardi a casa
e la mamma sempre sola,
mi svegliavo d'improvviso
e vi sentivo ancora urlare,
eri sempre più nervoso
e non mi stavi ad ascoltare.
Altre volte mi picchiavi
e le tue parole dure
spalancavano soltanto
una vita di paure.
Eri assente, irraggiungibile,
io ti odiavo e te lo dico,
eri in sogno l'uomo nero,
eri a un tratto il mio nemico.
E ho portato come un lutto
il tuo sangue nelle vene,
ma il mio cuore per dispetto
ti voleva ancora bene
e ora babbo te lo scrivo,
come quando ero bambino,
come quando per trovarci
giocavamo a nascondino.
E ora è freddo, anzi freddissimo,
piango mentre te lo dico,
cosa aspetti ad arrivare,
babbo, se mi sei amico?
Era dolce, era dolcissimo,
l'ho capito e te lo scrivo.
Quante volte io dovrò morire
per sentirmi ancora vivo?
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